"La nostra Repubblica" Le prospettive dell’Edera in un libro di Sbarbati e Ippoliti

Pri: trovare una sola casa, obiettivo del futuro

Pubblichiamo l’introduzione di Francesco Nucara al libro "La nostra Repubblica. Problemi, percorsi e prospettive del repubblicanesimo", di Luciana Sbarbati e Iperide Ippoliti, che viene presentato, martedì 26 gennaio, a Roma nella Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato "Giovanni Spadolini".

di Francesco Nucara

Il lavoro di Luciana Sbarbati e Iperide Ippoliti, "La nostra Repubblica", non ha la pretesa di una ricerca storico-scientifica, come gli stessi autori ammettono, e tuttavia esso può rappresentare un vero calepino per quanti volessero approfondire la storia del repubblicanesimo in Italia. I numerosi riferimenti a repubblicani che hanno fatto la storia d’Italia, dal Risorgimento fino ai giorni nostri, indicano un percorso per quanti volessero approfondire la conoscenza del pensiero repubblicano. Un libro da leggere e soprattutto da tenere in biblioteca, per poterlo consultare nei momenti di smarrimento politico-culturale.

Gli autori intrecciano abilmente la storia dei repubblicani risorgimentali (Mazzini, Saffi, Mario, ecc.) con quella dei prosecutori e modernizzatori di quel pensiero risorgimentale, attualizzato ad una società moderna (Giovanni Conti, Oliviero Zuccarini, Randolfo Pacciardi, Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini).

Non mancano critiche ed anche autocritiche nel descrivere il modo di essere repubblicani. Già nell’introduzione infatti possiamo leggere: "Sono stati gli stessi repubblicani a sopravvalutare il proprio ruolo e peso", rintanandosi "nel palazzo e nelle consuetudini del palazzo senza accorgersi della caduta complessiva di credibilità che investiva anche il nostro partito".

Quest’opera va letta, maturata ed interpretata. La pregevole fatica degli autori porta ad un ripensamento di tutta la storia repubblicana degli ultimi venti anni. Un ripensamento necessario e scevro da pensieri dominanti, perché i repubblicani, sotto qualunque stella siano, non hanno mai avuto un dominus. L’opera servirà da guida a quanti vorranno approfondire i temi di una stagione lacerante che, al di là di ogni possibile ragione, ha solo danneggiato il repubblicanesimo. Questa stagione, per fortuna, volge al termine.

Conosciamo fin troppo bene l’onestà intellettuale dei due autori per pensare che il problema si possa ridurre alla dicotomia destra-sinistra. L’irrequietezza dei repubblicani, infatti, non consente loro di "trovare pace" in alcuno schieramento che non faccia parte in qualche misura del loro essere ribelli ad ogni forma di prevaricazione e ad ogni tipo di idee ingessate. Essi sempre e comunque affondano le proprie radici nella storia risorgimentale e in quei fondamenti morali e politici descritti dallo Statuto della Repubblica Romana.

Proprio a questo ci si riferisce quando si afferma: "Il nostro compito è quello di salvare, adeguandolo ai tempi nuovi, il patrimonio che una lunga storia ci ha consegnato per ridare speranza ad un paese in declino!"

Proposito, ahimè, forse un po’ velleitario per una sparuta pattuglia politica, che vorrebbe difendere principi sacri, ma sempre più maltrattati.

E tuttavia i repubblicani, come ben descrivono gli autori, sono soggetti inclini ad utopie. Mazzini veniva definito "visionario", ma la storia gli ha dato ragione sia sul marxismo che sul liberalismo selvaggio.

Il libro di cui parliamo rappresenta un riuscito intreccio tra storia e attualità. Un miscuglio di elementi storici e problemi reali di una società moderna e industriale che deve fare i conti con la globalizzazione. Compito dei repubblicani sarà quello di coniugare al meglio questi segmenti, per farne un prodotto di insiemi atti ad eliminare le scorie della nostra storia recente.

Potremo così tenere il meglio di essa, "impostandola" con una moderna prospettiva, in cui trovi spazio anche la quotidianità.

I due autori non sono dei dilettanti, ma essi stessi operatori della politica ed hanno ricoperto o ricoprono tuttora incarichi istituzionali (Sbarbati) e politici (Ippoliti). Essi quindi concludono la loro fatica suggerendo con forza che il carattere distintivo dell’essere repubblicano non può essere "o stai con Prodi o stai con Berlusconi", bensì quello di stare sempre con la storia dei repubblicani, perché dentro di essa dobbiamo ritrovare l’attualità della nostra vita. Non dimentichiamo infatti che è in atto un processo di ricerca degli elementi comuni che possano trovare sintesi in un’unica forza repubblicana, da poter offrire al "mercato della politica". I problemi attuali del paese e della società sono tanti che per poterli solo descrivere occorrono unità e sforzo comune. Trovare una sola casa repubblicana è obiettivo del nostro prossimo futuro. Lo sforzo di Luciana e Iperide va verso questa direzione.